"Destano più di una perplessità le proposte del Partito Comunista, che afferma di voler creare una commissione apposita per studiare la situazione finanziaria del Comune, con l’obbiettivo di trovare il modo per non rispettare il Patto di stabilità, e di voler rimodulare l’addizionale IRPEF, prevedendo aliquote fino al 15% al fine di redistribuire la ricchezza.
In primo luogo mi sembra doveroso ricordare che bilanci, rendiconti e relazioni di gestione sono disponibili sul sito web del Comune e quindi liberamente consultabili, pertanto una commissione di controllo costituita a tale scopo sarebbe uno spreco di soldi pubblici, dal momento che graverebbe sulle tasche dei cittadini. A meno che ovviamente venga costituita a spese del Partito Comunista stesso", così enrico Melandri, candidato Pri alle comunali del 3 e 4 ottombre.
"inoltre è necessario sottolineare - prosegue Melandri - che il Patto di stabilità e crescita è un accordo sottoscritto dai paesi membri dell’Unione Europea (tra cui l’Italia ovviamente) che vincola le politiche di bilancio di tutti i paesi sottoscrittori, necessario in all’interno di un’unione monetaria, con l’obbiettivo di scongiurare l’eccessivo indebitamento; questo perché un eccessivo indebitamento comporterebbe più tasse e meno servizi, oltre ad un “effetto domino” con strascichi negativi sull’economia, sia a livello nazionale sia a livello locale. Il Comune di Ravenna, come gli altri comuni ed enti locali italiani, vi è sottoposto in quanto dotato dalla nostra Costituzione di autonomia finanziaria di entrata e di spesa. La rottura del Patto di stabilità da parte del Comune di Ravenna, che è un comune virtuoso dal punto di vista finanziario avendo concluso il bilancio in attivo nonostante un 2020 segnato dalla pandemia, e l’internalizzazione dei servizi potrebbe quindi comportare un indebitamento dell’ente locale (limitato tra l’altro a livello costituzionale alle sole spese di investimento e non per spese correnti), nonché problemi legali ed eventuali cause sia con lo Stato sia con l’UE, con spese a carico dei cittadini ravennati.
Infine, per quanto riguarda la rimodulazione dell’addizionale comunale IRPEF, le aliquote sono sì stabilite dal Comune, ma l’aliquota massima è fissata con legge statale ed è pari allo 0.8% (tra l’altro già applicata dal Comune di Ravenna ai redditi sopra i 75.000 euro e ben al di sotto dal 15% sbandierata dal Partito Comunista), pertanto non derogabile a livello locale mediante un regolamento, che trova un limite proprio nelle leggi dello Stato. Un’eventuale decisione in tal senso comporterebbe quindi ricorsi tributari ed amministrativi, le cui spese ricadrebbero sempre sui cittadini ravennati.
Va bene che siamo in campagna elettorale e tutto fa brodo, però compito della politica dovrebbe anche essere quello di informare i cittadini e non solo riempirli di slogan".